Il testo di questa lettera d’amore è stato inviato agli amministratori del Comune di Milano e al Presidente del Consiglio di zona 7.

Gentile Funzionario,
questa poteva essere una lettera d’amore. Invece siamo ancora qui a parlare di diritti.
Le scrivo come soggetto tetraplegico che si sposta in carrozzina elettrica, per segnalarle alcune delle barriere architettoniche presenti nel mio quartiere. Tali barriere mi impediscono di accedere agli esercizi pubblici, e minano il mio diritto alla libertà. Se lo desidera può leggere di seguito il resto di questa lettera. Parla nel dettaglio della nostra mancata storia d’amore. Se invece preferisce andare subito sul concreto, trova in allegato la lista dei locali pubblici sprovvisti di pedana e campanello di chiamata.
Grazie
Dr. Gianfranco Falcone

Gentile e sconosciuto Funzionario,
noi non ci conosciamo. Non so se lei sia uomo o donna. Non conosco i suoi entusiasmi, le sue ambasce. So solo che periodicamente lei riceve e legge le mie mail.
A dire il vero non so neanche se a leggere sia sempre la stessa persona o cambi di volta in volta.
Spero che a leggere sia sempre lei. Pensarlo mi rende più facile parlarle.
Gentile e sconosciuto Funzionario,
siamo ancora qui a parlare di diritti.
La prego non sbuffi!
Lo so che la parola diritti è ormai una parola consunta. Buona per tutte le stagioni. È una parola che usano in tanti, e molti a sproposito.
Spero di non essere tra quelli.
Ha mai pensato che la parola diritti nella sua accezione più semplice significa ciò che prosegue sempre nella stessa direzione, senza interruzioni, ciò che non è storto, attorcigliato?
Anche a me piacerebbe avere giornate o momenti che scorrono diritti e non si attorciglino su se stessi. Ma così non è. E questo non è, è causato anche dalle barriere culturali e fisiche che incontro ogni giorno.
Ma non si preoccupi. Non le farò una noiosissima lezione sulla disabilità.
Chissà quante ne ha dovute sorbire. E quante volte ha dovuto assentire assumendo un’aria di circostanza.
Non si preoccupi. Non le parlerò di disabilità. In realtà le parlerò di lei.
Non si spaventi nel leggere queste parole. Non sono uno stalker e non intendo esserlo.
Parlerò di lei perché quando si emargina una parte della popolazione, e non importa per quale motivo, quando si negano i diritti a uno, e non importa chi è quell’uno, si negano i diritti a tutti.
Sa, gentile funzionario, una volta mi hanno detto che se i diritti non sono di tutti cessano di essere tali, diventano privilegi. Quando questo accade smettiamo di essere cittadini, diventiamo sudditi.
Per cui gentile e sconosciuto funzionario, con questa mia lettera non le parlerò di disabilità o dei miei diritti negati. Le parlerò piuttosto dei suoi diritti che vengono meno. Della sua difficoltà ad esercitare pienamente il suo diritto di cittadinanza.
Sa. Non le parlerò di disabilità perché in fin dei conti non si tratta di quello.
Si tratta semplicemente di invitare gli amministratori a rispettare quel patto implicito che essi sottoscrivono nel momento in cui vengono eletti. È un patto semplice, che sottolinea un unico principio:
Io sono un amministratore. Mi impegno a far sì che tu cittadino possa accedere alle risorse della città, in un sistema in cui diritti e doveri si bilanciano”.
Certo non è un principio semplice da rispettare, ma fare politica dovrebbe significare questo.
Sa caro funzionario, la ricerca di locali accoglienti ha avuto anche momenti esilaranti. Come quando davanti al Carrefour Express di via Calo Dolci 8, non sono potuto entrare, perché non c’erano campanello di chiamata e pedana. Però c’erano un gancio e un cartello con la fotografia di un cane. Il cartello recitava: “Noi ci prendiamo cura del tuo cane”.
Nel leggere quelle parole mi sono fatto alcune domande.
Lascio a lei le risposte.
Gentile e sconosciuto Funzionario,
se è arrivato a leggere fin qui ha avuto davvero una gran pazienza.
Grazie
Con stima
Gianfranco Falcone

 

 

https://www.mentinfuga.com/barriere-architettoniche-e-storie-damore-mancate/