Gerolamo alzò gli occhi al cielo, nuvole basse galleggiavano nell’aria. Gli sarebbe piaciuto arrivare fino a quel mare candido, tuffarsi e fare le capriole. Ci pensò un po’ su e scarto l’idea di poter utilizzare una scala, doveva essere molto lunga, troppo.
Gerolamo si guardò attorno e vide i gabbiani che gracchiando sorvolavano gli alti palazzi, ne scorse uno che con un’elegante giravolta si appollaiò sui rami di una quercia del parco, si avvicinò e chiese con voce allegra:
«Ciao! Mi daresti un passaggio fino alle nuvole?»
Il gabbiano fissò attentamente il bambino, si lustrò le piume ed esclamò:
«Non ho tempo da perdere con i mocciosi come te. Vattene».
Gerolamo non si spaventò e non si offese. Quando aveva un’idea in testa difficilmente si scoraggiava. Salutò gentilmente il gabbiano e rispose:
«Come devono essere tristi le tue giornate, se non hai tempo di essere gentile con gli altri. Ma non ti preoccupare. Quando arriverò alle nuvole le saluterò anche per te».
Gerolamo si allontanò dall’albero, imboccò il sentiero che portava alle giostre, si presentò alla biglietteria e chiese ad un vecchio signore che staccava i biglietti con aria impettita:
«Scusi signore, vorrei arrivare alle nuvole, sa dirmi come posso fare?»
Il vecchio continuò nel suo lavoro, guardò distrattamente Gerolamo e con voce seria esclamò:
«Vattene bambino. Non vedi che sto lavorando? Torna dalla mamma»
Gerolamo sospirò, si sedette su una panchina e si mise ad ammirare le nuvole, ce n’erano di azzurrine, di blu, di bianche come la neve, di grigioline. Avevano forme strane: da una parte ce n’era una che sembrava un vecchio gufo, in fondo un’altra ricordava un cavallo al galoppo, in mezzo c’erano quelle che assomigliavano a piccole coroncine. Nel vedere tanta bellezza Gerolamo si trovò a pensare che non era possibile che solo lui desiderasse raggiungere le nuvole, doveva pur esserci qualcun altro a cui piacessero come a lui. Il non riuscire a trovare nessuno che dividesse con lui quella bellezza un po’ lo rattristava.
Gerolamo si stiracchiò, prese dalle tasche un foglio e una matita e iniziò a fare il ritratto a una delle nuvole più belle, quella che assomigliava a una reginetta, quella che sembrava in equilibrio sul campanile della chiesa del suo quartiere. Gerolamo era così attento al suo lavoro che non si accorse di una bambina che si era avvicinata e ora sedeva accanto a lui. La bambina si chiamava Teresa, aveva delle allegre lentiggini sul naso e i capelli rossi. Si chinò sul disegno di Gerolamo e commentò:
«Belle le nuvole! Piacciono anche a me. Oggi pomeriggio vado a trovarle con mia nonna, vuoi venire anche tu?»
Gerolamo sollevò il naso, guardò Teresa, il suo sorriso le piacque, allora rispose:
«Certo che verrò anche io! Ero sicuro di non essere il solo ad amare le nuvole».
Teresa e Gerolamo si misero a ridere, si alzarono e andarono a casa della nonna.