Mancano tre giorni alla manifestazione che si terrà domenica 5 maggio a Milano, in occasione della giornata europea della vita indipendente. La partenza è prevista da piazza 25 aprile alle 10:30.
La manifestazione è stata promossa da Abbatti le Barriere e dai Disabili pirata, dal Comitato lombardo per la vita indipendente, e ComodalBasso.

E io continuo a puzzare.
Puzzare ormai è diventata una scelta politica. Non voglio dipendere per la mia igiene e autonomia personale, dalla gentilezza di amici e parenti. Quindi rifiuto il loro aiuto.
Ho bisogno di risposte e interventi da parte delle Istituzioni.
Gli amici iniziano a preoccuparsi per la mia presa di posizione.
Il loro non è un problema ideologico. È un problema olfattivo.
Inoltre, questa mattina ho saputo che non mi verrà più versato il contributo economico, con cui pagavo la/il badante.
Sono troppo ricco.
Il mio Isee, sommato a quello di mia madre, da cui attualmente risiedo, pare sia troppo alto.
La parola Isee assomiglia molto a uno scioglilingua. Mi ricorda il refrain di Mary Poppins: Supercalifragilistichespiralidoso.
Forse ne è una versione rivista e corretta.
Il problema di un Isee alto, e di cui gli amministratori non si rendono conto, è che la disabilità ormai è diventata un privilegio. Ha una serie di costi spesso proibitivi, tra fisioterapia, assistenza personale, badante, ausili.
Solo per citare alcune delle risorse necessarie.
Per cui molti di noi per risparmiare dove si può iniziano a tagliare su cure mediche, abbigliamento, alimentazione, partecipazione alla vita sociale. Finendo per condurre una vita opaca.
In questa opacità alla fine ci si rende conto che la vera disabilità non è più quella organica fatta di sigle mediche come: SMA, SLA, Guillene Barrè, sclerosi, e chi più ne ha più ne metta.
La vera disabilità è quella economica.
La vera disabilità è la mancanza di fondi economici che possano consentire di accedere alle cure e ai Servizi, che rendono la disabilità, se non accettabile, almeno gestibile. E gestire la disabilità si può, e si fa, là dove c’è un welfare, che funziona.
Alla fine ci si rende conto che il vero problema non è la disabilità ma quello di una Società che non è più capace di sognare, di porsi degli obiettivi che trascendano gli egoismi personali.

Il vero problema è la corruzione che divora il paese e costa punti di percentuale di Pil, rendendoci tutti più poveri. Il problema è il cancro dellemafie, di una classe politica che non riesce più a trovare il senso dello Stato inteso come servizio al cittadino, che non ricorda più il significato profondo della parola Repubblica, intesa come rex publica.
Se tra i vari problemi, ci sono anche quelli che ho appena elencato. La mia disabilità e il modo in cui lo Stato la affronta non è più un problema solo mio, personale. Ma è un problema della collettività. Perché quando si colpiscono gli ultimi, non importa di quali ultimi si tratta, la Società è destinata a disgregarsi.
Ecco che allora il problema degli ultimi finisce per accomunare i braccianti schiavi del comparto agro alimentare, la fuga dei cervelli, i morti per cancro dell’ex Ilva di Taranto, dove la gente continua ad ammalarsi.
Perché il problema della disabilità diventa il problema di quale società vogliamo costruire.
Queste cose le sanno bene i miei amici.

la copertina di Fattore HLo sa bene Ty, giovane e brillante ventenne, che scrive di rap e hip hop per Spettakolo.it, e ha appena pubblicato per la Rizzoli il romanzo Fattore H, dove con stile agile e nervoso, racconta la sua storia.
Quest’anno Ty ha ricevuto il contributo B2, che gli consente di pagare il badante, solo ai primi di aprile e tra l’altro neanche per intero, solo la trance di gennaio e febbraio.
Ma tanto lui è ricco.
Può pagare di tasca sua i fornitori, le bollette, la vita. Infatti tra assegno di accompagnamento e pensione sociale mette in tasca ben ottocento euro al mese, con cui campa.
Tra l’altro quest’anno Ty ha visto improvvisamente decurtate le sue entrate.
Il Comune di Milano senza preavviso gli ha tolto anche i duecento euro in più di contributo straordinario. E quando vivi con mille euro, se te ne tolgono duecento è un gran casino.
Casino: non ci sono altre parole per descrivere quello che ti succede, quando hai a disposizione solo ottocento euro e una tetraplegia.
C’è da vergognarsi.
La mia vergogna non è per Ty.
La mia vergogna è per un paese che non riesce a farsi carico dei propri figli.

I veri problemi li conosce Ida.
Ha sessantacinque anni Ida. È paralizzata dal collo in giù. È l’anima dell’associazione “Vita indipendente” di Como, con i suoi articoli e il suo impegno politico.
A cinquant’anni ha deciso di vivere per conto suo, dopo trent’anni di Comunità. La sua è una storia di coraggio, la storia di una donna che è entrata in comunità all’età di vent’anni. Ha fatto un percorso faticoso di presa di coscienza. Prima capisce che la Comunità può essere autogestita, faticosamente certo, ma può essere gestita da chi è disabile insieme a chi non lo è. E in questo incontro di buone volontà, rispondere ai bisogni di autodeterminazione di coloro che vivono in una struttura, non ai bisogni di chi le gestisce dall’esterno, e che troppo spesso lo fa solo ed esclusivamente in nome del business.
La parola autodeterminazione è una parola impegnativa. Sembrerebbe un nonsense se riferita a persone gravemente disabile. Ma non lo è.
Non dimentichiamo che la concezione del nostro universo la dobbiamo alla vita indipendente di un certo signore inglese, un certo signor Stephen Hawking, che accartocciato su se stesso, e comunicando solo con un sintetizzatore, ha delineato una nuova cosmologia.
Allora la vita indipendente è possibile, e lo è stato anche per Ida, che ha preso il coraggio a quattro mani e alla fine, dopo aver incontrato l’associazione la “Vita indipendente” ha fatto il salto e vive da sola la sua vita.
La sua è una vita indipendente. È una vita attiva. La vita di una donna che non si arrende davanti alle ingiustizie di iter burocratici resi sempre più complicati e farraginosi, di ritardi nei pagamenti, di mancanza di comunicazioni istituzionali, di essere messi di fronte a fatti compiuti senza essere interpellati.
Allora è arrivato il momento di reclamare una più giusta giustizia sociale.
Forse è arrivato il momento di recitare il ritornello di Mary Poppins al contrario.
Che non sia più Supercalifragilistichespiralidoso.
Ma che suoni dosoraliespilistifagicalirepus.
Anche se ti sembra che abbia un suono spaventoso
se lo dici forte avrai un successo strepitoso.
Allora sia. Diciamolo.
Vogliamo una vita indipendente.
Pretendiamo l’autodeterminazione.

Gianfranco Falcone

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